Expo: 50 milioni per addomesticare il giornalismo italiano

stampaGianni Barbacetto, Marco Maroni e Giorgio Meletti alzano il velo su uno degli scandali più nascosti della recente storia del giornalismo italiano. Lo fanno sulle pagine del Fatto Quotidiano dove ci raccontano, testata per testata, euro per euro, come viene trattata dalla stampa nostrana la grande abbuffata per corrotti e corruttori di ogni risma che prende il nome di Expo: un’apologia, vergognosa. Ecco la loro inchiesta.

Guai a scrivere male di Expo: 50 milioni e addio critiche.

Tanto ha speso la società: 2,3 milioni agli editori per pagine e inserti che lodano l’evento. Scomparsi dai quotidiani ritardi nei lavori e scandali. Di Gianni Barbacetto e Marco Maroni

Solo nella giornata di ieri, il Corriere della sera ha dedicato a Expo un allegato di 44 pagine (“Orizzonti Expo”), oltre alle pagine 30 e 31 del quotidiano (“Il futuro immaginato”, sotto la testatina “Eventi Expo”). In più, il quotidiano di via Solferino promette “ogni martedì due pagine di inchiesta sui temi globali dell’Expo: dopo l’Acqua toccherà a Terra, Energia, Cibo. È solo una delle iniziative del Corriere della sera per guidare i lettori verso l’Esposizione che parte il primo maggio. E poi le pagine Eventi e prossimamente i supplementi speciali. Attivo già ora il canale internet Expo Corriere”.

TUTTE INIZIATIVE “positive” di promozione redazionale che, come quelle simili sulle pagine di Repubblica e di tanti altri quotidiani, non cancellano del tutto le cronache “negative” sui guai giudiziari e sui ritardi dell’esposizione: si aggiungono e cercano di controbilanciarle, per rifare l’immagine a una iniziativa che ha avuto anni difficili. Certo è che nelle ultime settimane le soglie critiche dei quotidiani sembrano essersi molto abbassate e di scandali, ritardi e camouflage non si parla più.

Expo ha pagato un fiume di denaro per avere buona stampa. Gli investimenti in “comunicazione” superano, finora, i 50 milioni euro. Pagati non soltanto, com’è normale, per fare pubblicità diretta, acquistando pagine sui giornali e spazi televisivi. Expo ha dato 6 milioni di euro al gruppo Havas per “Ideazione, sviluppo e realizzazione del piano di comunicazione”; 1,54 milioni per attività di media relations internazionali, incassati dalla Hill & Knowlton e dalla Sec di Fiorenzo Tagliabue, ex portavoce di Formigoni.

Tanti soldi Expo sono arrivati anche direttamente ai giornali e agli editori. Il grosso dei finanziamenti diretti alla stampa è stato erogato con la procedura della “manifestazione d’interesse”, il cosiddetto Request for proposal. Funziona così: gli editori presentano loro proposte su come parlare bene dell’evento ed Expo le finanzia. La spesa per queste iniziative è finora di 2,3 milioni di euro. Al Corriere sono andati 425 mila euro, per 12 uscite da due pagine. Segue La Stampa, con 400 mila euro per due pagine in uno “speciale Green” più cinque inserti di 16 pagine distribuiti con La Stampa e Secolo XIX e un accordo che prevede inoltre l’utilizzo dei contenuti, tradotti, su testate estere.

Repubblica incassa 399.500 euro per 72 pagine di “Guide editoriali”. Al Sole 24 Ore sono stati versati 350 mila euro per dieci uscite, per un totale di 30 pagine. Al Giornale della famiglia Berlusconi 200 mila euro, una pagina ogni settimana per venti settimane, più quattro pagine da pubblicare il 1 maggio, giorno dell’inaugurazione. Inoltre si aggiungono non meglio precisate “attività web, social e tablet”. Il gruppo Class ha incassato 102 mila euro per sei uscite sul quotidiano economico Mf e sei su Italia Oggi. Il quotidiano Libero ha ottenuto 100 mila euro tondi per tredici uscite in doppia pagina.

A QUESTI finanziamenti in “redazionali” si sommano, oltre alle cifre investite direttamente in pagine pubblicitarie, anche altri contributi come i 160 mila euro alla Fondazione Corriere della sera, spiegati con questa (vaga) motivazione: “Contributo per massima visibilità Expo”, a cui si sono aggiunti altri 250 mila euro per l’organizzazione di una serie di incontri dal titolo “Convivio. A tavola tra cibo e sapere”. Sempre in casa Rcs, 154 mila euro sono arrivati alla Rcs Sport, in quanto main sponsor della “Milano City Marathon” edizione 2012. Il gruppo Sole 24 Ore ha ricevuto 64 mila euro per un “Progetto Gazzettino del 2015”. Il Foglio fondato da Giuliano Ferrara è stato beneficiato di 85 mila euro per la realizzazione di un non ancora visto “volume sull’Esposizione universale”.

Expo spa è poi tra i principali sponsor de “La Repubblica delle idee”, la manifestazione pubblica di incontri e dibattiti, con ospiti di rilievo introdotti dal direttore Ezio Mauro. Quanto sia costata questa sponsorizzazione non è dato sapere, ma una fonte interna al gruppo Espresso-Repubblica fa sapere che i principali sponsor dell’iniziativa pagano attorno ai 500 mila euro. La Fondazione Mondadori ha portato a casa 850 mila euro per la “Realizzazione del progetto Women for Expo”. La Fondazione Feltrinelli ha ricevuto ben 1,8 milioni di euro, per un progetto internazionale, triennale, curato da Salvatore Veca che prevede la messa a punto dei contenuti scientifici dell’esposizione. Il contratto, benché preveda una cifra molto alta che tocca quasi i 2 milioni di euro, è stato classificato come “sponsorizzazioni e assimilabili”, in modo da poterlo firmare senza gara. Alla Condé Nast sono stati concessi, oltre alle inserzioni pubblicitarie, due finanziamenti per la realizzazione degli eventi “Wired Next Fest” (13 mila euro) e “Fashion Night Out” (39 mila euro). Non stupisce così che il mensile Wired dedichi a Expo servizi celebrativi, compresa una guida dal titolo Expottimisti.

Nel 2014, Expo ha versato 14.892 euro a Publimedia Srl per “prenotazione di uno spazio pubblicitario sul periodico Polizia Moderna – edizione aprile/maggio”. Prezzo del tutto fuori mercato, ma meritato, visto il lavoro della polizia giudiziaria sui manager di Expo arrestati e sotto inchiesta.

IL RECORD spetta però alla Rai: 5 milioni di euro le sono stati assegnati per “Collaborazione Rai Expo”. Sono serviti a costruire una nuova struttura “crossmediale con un modello produttivo a integrazione verticale”, come si legge sul sito, con un organico di 58 persone tra dirigenti, impiegati, giornalisti, autori e tecnici e una sede predisposta ad hoc, ma non a Milano, dove si svolge l’esposizione, bensì a Roma. Così a partire da maggio 2015 per i dipendenti e collaboratori scatteranno sei mesi di trasferta, con costi aggiuntivi per altri 2 milioni.

Marchette: Sparatela grossa, paga lo Stato

Di Giorgio Meletti

Un giorno di tutto questo potremo ridere perché tutto resterà agli atti, grazie ai soldi con cui Expo 2015 ha inondato giornali grandi e piccoli di considerazioni umoristiche. Qualche tesi di laurea potrà essere dedicata al pensiero di Maurizio Martina, ministro dell’Agricoltura con delega all’Expo, che annuncia in un’intervista a Repubblica un grande confronto mondiale sul cibo: “Ci saranno il presidente russo Putin, il premier giapponese Shinzô Abe, leader tedeschi, spagnoli, africani, l’amministrazione americana sarà rappresentata ai massimi livelli”. Attonita, l’intervistatrice obietta: “I leader mondiali non saranno tutti insieme a Milano, però”. Martina non è sfiorato dal dubbio logistico: “Arriveranno nell’arco del semestre, ma Expo sarà il contenitore di un confronto mondiale”.

LA GARA È A CHI LA SPARA PIÙ GROSSA, e Martina vince a mani basse. In un’altra intervista, questa volta al Corriere, chiede di inserire nella Costituzione il diritto al cibo, dimenticando di stare in un governo che predica e pratica l’eliminazione del diritto al posto di lavoro: arriverà la leccornia di cittadinanza? Poi ammette che solo nei prossimi mesi si aprirà la discussione su cosa fare delle strutture dell’Expo dopo. Chi pensava che potevano pensarci prima di spendere un paio di miliardi è un rosicone.

La parola d’ordine, diramata a spese dello Stato, è che non dobbiamo perdere l’occasione di farci conoscere. Esempio: pensavate che bastassero i 5 miliardi del Mose per mostrare anche agli esquimesi che cosa siamo capaci di fare quando c’è un appalto da spolparsi con gli amici? Sbagliato. A Venezia c’è il padiglione dedicato al cibo in chiave acqua. Titolo del Corriere: “In Laguna le proposte per ‘dissetare’ il pianeta”. Le virgolette indicano che non di sete si parla, ma di fame. Una maestra d’asilo potrebbe stimolare bambini di quattro anni sull’associazione acqua-cibo. Tutti in coro griderebbero: “Pesce!”. Il Corriere sviluppa invece l’arguto concetto in un articolo scritto da adulti per adulti: a Venezia ci sarà un apposito ristorante Expo dove a miliardi di visitatori verrà mostrata la differenza tra il pesce lesso (acqua) e quello fritto (olio).

La grande sfida del Terzo Millennio è produrre cibo per tutta l’umanità, apprendiamo da La Stampa. Chi pensava che il problema ci fosse già nel terzo millennio avanti Cristo è un rosicone. Non lo è l’arcivescovo di Milano Angelo Scola, entusiasta al pari dei 17 mila giovani pronti a lavorare gratis ad maiorem gloriam dell’Expo. Per lui l’Expo è l’occasione, tenetevi forte, per “una comune azione da parte di soggetti personali e sociali perché Milano incrementi quell’amicizia civica che è nel suo Dna, ma che ha bisogno di trovare, nella sua storia attuale, nuove concrete forme espressive”. Gli ossimori si sprecano. Il governatore delle Marche, Gian Mario Spacca, sdottora sul Corriere Adriatico: “La sfida che le Regioni dovranno assumersi è quella di ricondurre a unità la forte articolazione del nostro Paese”. Capito, le venti regioni vanno all’Expo in ordine sparso.

E i comuni? Dice al Corriere il presidente dell’Anci, Piero Fassino: “Alla fine avremo realizzato iniziative in circa 2 mila comuni italiani. Che non è poco”. No, non è poco, infatti l’intervistatore si commuove e documenta per i posteri i miracoli che può fare un investimento mirato di denaro pubblico: “Le punte aguzze dei campanili sono state smussate e plasmate a inseguire le morbide curve dei padiglioni a pannocchia, a baccello, a chicco di riso di Expo 2015, a scoprire la piacevolezza dell’esaltare i tratti comuni anziché l’egoistico e dannoso spirito di cortile”. Peccato che qualche pagina dopo fa strame dell’afflato solidaristico, schiumando rabbia contro la concorrenza sleale dei fratelli mediterranei, Federica Argentati, presidente del distretto degli agrumi siciliani, “spesso mortificati sulle bancarelle dei mercati dove si lasciano arrivare prodotti brasiliani, spagnoli, marocchini e così via, spacciati per frutta siciliana”.

MA, L’EXPO non è un pranzo di gala. “Un miliardo di obesi, tre di denutriti. Era un mondo che non poteva durare”, sentenzia su La Stampa la Cassazione di Antonio Scurati, scrittore esperto di alimentazione perché sua nonna Angela era ghiotta di formaggio gorgonzola e quindi per lei “l’esperienza del cibo” si consumava tra “i due poli” del piacere e della sussistenza. “Ma per noi, oggi, i poli si sono scissi. Un po’ quel che è accaduto per il sesso e la riproduzione”. E meno male che nonna era attenta al polo riproduttivo della sua “esperienza del sesso”, sennò adesso gli spendaccioni dell’Expo non sapevano da chi farci trasmettere tanta saggezza.

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