Luce sulle commistioni imprese/giornali: il caso Enel-Sole24Ore

La commistione tra giornalismo e imprese è una minaccia chiara per la democrazia. Ne abbiamo parlato il 19 maggio scorso con Sergio Splendore e Lelio Simi presentando a Firenze la ricerca europea sulle pressioni sul giornalismo. Proprio in quell’occasione Simi ci ha anticipato l’ultima chicca, di cui poi ha scritto su DataMediaHub: l’accordo tra Enel e Gruppo 24 Ore per la produzione della Radio e della Televisione interna alla grande S.p.A..

La domanda banale, scontata, è questa: con quale indipendenza Il Sole 24 Ore tratterà le notizie provenienti dal colosso dell’energia? Non dubitiamo della professionalità dei giornalisti del Sole, tra i migliori quotidiani in circolazione, ma se i bilanci del gruppo incassano da Enel un milione di euro qualche dubbio ce lo poniamo. Facciamo un esempio?

Francesco Starace è l’amministratore delegato di Enel ed è ormai diventato un mito sulla rete per i metodi autoritari con cui tratta i dipendenti. Vi proponiamo un estratto della lezione agli studenti della Luiss Business School tenutasi a Roma lo scorso 14 aprile:

Per cambiare un’organizzazione ci vuole un gruppo sufficiente di persone convinte di questo cambiamento, non è necessario sia la maggioranza, basta un manipolo di cambiatori. Poi vanno individuati i gangli di controllo dell’organizzazione che si vuole cambiare e bisogna distruggere fisicamente questi centri di potere. Per farlo, ci vogliono i cambiatori che vanno infilati lì dentro, dando a essi una visibilità sproporzionata rispetto al loro status aziendale, creando quindi malessere all’interno dell’organizzazione dei gangli che si vuole distruggere. Appena questo malessere diventa sufficientemente manifesto, si colpiscono le persone opposte al cambiamento, e la cosa va fatta nella maniera più plateale e manifesta possibile, sicché da ispirare paura o esempi positivi nel resto dell’organizzazione. Questa cosa va fatta in fretta, con decisione e senza nessuna requie, e dopo pochi mesi l’organizzazione capisce, perché alla gente non piace soffrire. Quando capiscono che la strada è un’altra, tutto sommato si convincono miracolosamente e vanno tutti lì. È facile.

Giovanni De Mauro ha duramente stigmatizzato quanto dichiarato da Starace. Scrive il direttore di Internazionale:

Enel è una delle più grandi aziende italiane per fatturato e ha quasi settantamila dipendenti. Il principale azionista è lo Stato, che attraverso il ministero dell’economia controlla il 23,5 per cento del capitale sociale. È naturale che l’amministratore delegato sia un esempio per tutti, non solo dentro l’azienda. È naturale che il suo amministratore delegato sia un esempio per tutti, non solo dentro l’azienda. In questo senso la risposta di Starace è illuminante, perché senza nessuna ipocrisia dà un’idea chiara di cosa il dirigente di un’importante società pensi sia giusto fare per cambiare un’organizzazione, di come interpreti le relazioni aziendali, il clima in un luogo di lavoro, i rapporti tra dipendenti: colpire, distruggere fisicamente, creare malessere, ispirare paura, far soffrire. Sembra quasi di sentire le parole di Jason Gould, costruttore di ferrovie statunitense vissuto alla fine dell’ottocento: “Posso sempre assumere una metà dei lavoratori perché uccida l’altra metà”.

Di quanto avvenuto alla Luis quel giorno trovate traccia ovunque sulla rete: qui, qui, qui, qui e non solo. Una notizia che abbiamo cercato anche sul sito del Sole 24 Ore, che ha addirittura una pagina di archivio interamente dedicata a Francesco Starace. E… no, non l’abbiamo trovata.

Pubblicato su La Città Invisibile del 3 giugno 2016