Difendere la verità, di Julian Assange

Scriveva nel 1958 un giovane Rupert Murdoch, allora proprietario ed editore del quotidiano australiano The News: “Nella gara tra segretezza e verità, vincerà sempre la verità”. Forse questa osservazione rispecchiava la denuncia fatta durante la prima guerra mondiale dal padre, Keith Murdoch, il quale rivelò che le truppe australiane erano inutilmente sacrificate sulle spiagge di Gallipoli da ufficiali britannici incompetenti. E infatti i britannici cercarono di farlo tacere. Ma Keith Murdoch non si fece imbavagliare e così, grazie ai suoi sforzi, si mise fine a quella disastrosa operazione militare. A quasi un secolo di distanza da quegli eventi, anche Wikileaks pubblica coraggiosamente notizie che meritano di essere divulgate.
Sono cresciuto in una cittadina di campagna del Queensland, in Australia, dove la gente era abituata a parlare con franchezza. Erano persone diffidenti nei confronti di un governo burocratizzato perché erano convinte che sarebbe caduto preda della corruzione se non lo avessero tenuto d’occhio. I giorni bui della corruzione nell’amministrazione del Queensland, prima dell’inchiesta Fitzgerald (tra il 1987 e il 1989), dimostrano cosa succede quando i politici imbavagliano i mezzi d’informazione impedendogli di dire la verità. Quel ricordo mi è rimasto dentro, e Wikileaks è stato creato proprio sulla base di quei valori fondamentali. Il progetto iniziale, concepito in Australia, era di usare in modo nuovo internet per raccontare la verità. Di fatto Wikileaks ha dato vita a un nuovo tipo di giornalismo, il giornalismo basato sul metodo scientifico. Noi lavoriamo con altri mezzi d’informazione per dare le notizie ma anche per dimostrare che sono vere.
Questo tipo di giornalismo consente di leggere una notizia d’attualità e poi andare in rete e vedere il documento originale su cui si basa. Così si può giudi care da soli: questa notizia è vera? Il giornalista l’ha riferita correttamente? Le società democratiche hanno bisogno di mezzi d’informazione forti, e Wikileaks è uno di questi. I mass media contribuiscono a far sì che i governi rimangano onesti. Wikileaks ha rivelato alcune scomode verità sulle guerre in Iraq e in Afghanistan e ha divulgato per primo le notizie sulla corruzione delle grandi multinazionali.
C’è chi ha detto che io sono contro la guerra. Per la cronaca, non è così. A volte i paesi devono andare in guerra, e le guerre giuste esistono. Ma niente è più sbagliato di un governo che mente ai suoi cittadini sulla guerra e poi chiede loro di rischiare la vita e le tasse per quelle menzogne. Se una guerra è giustificata, allora che si dica la verità, e i cittadini decideranno se appoggiarla. Se avete letto parte degli articoli sulle guerre in Iraq o in Afghanistan, qualche dispaccio delle ambasciate americane o qualcuno degli articoli sulle rivelazioni di Wikileaks, potete capire quanto è importante per tutti i mezzi d’informazione poter raccontare liberamente questi fatti. Wikileaks non è stato l’unico a pubblicare i dispacci delle ambasciate statunitensi nel mondo. Alcuni giornali, tra cui il Guardian, il New York Times, El País e Der Spiegel, hanno reso pubblici gli stessi cablogrammi. Eppure è stato Wikileaks il bersaglio degli attacchi e delle accuse più violente da parte del governo statunitense e dei suoi alleati.
Io sono stato accusato di tradimento anche se so no cittadino australiano e non americano. Negli Stati Uniti sono stati lanciati appelli perché venissi “eliminato” dalle forze speciali. Sarah Palin dice che bisognerebbe darmi “la caccia come a Osama bin Laden”, il senato americano ha all’esame un disegno di legge per dichiararmi “una minaccia internazionale” e riservarmi il trattamento previsto. Una stampa libera Ogni volta che Wikileaks pubblica la verità su abusi commessi da istituzioni del governo statunitense, i politici australiani intonano insieme al dipartimento di stato americano una cantilena di evidente falsità: “Così si rischia di mettere a repentaglio delle vite umane! Compromettere la sicurezza nazionale! Esporre le truppe a ulteriori rischi!”. Poi però dicono che nelle notizie pubblicate da Wikileaks non c’è niente di importante.
Non possono essere vere entrambe le cose. Allora, qual è quella giusta? Nessuna delle due. Wikileaks ha al suo attivo quattro anni di rivelazioni. In questi anni, per quanto è dato sapere, a nessuno è stato torto un capello a causa nostra. Invece gli Stati Uniti, con la complicità del governo australiano, hanno ucciso migliaia di persone. Ma le nostre rivelazioni sono tutt’altro che irrilevanti. I dispacci dei diplomatici statunitensi rendono di pubblico dominio alcuni fatti sorprendenti di politica internazionale di cui ormai tutto il mondo discute da settimane. Nella sua storica sentenza sul caso dei Pentagon papers sulla guerra del Vietnam, la Corte su prema degli Stati Uniti affermò che “soltanto una stampa libera e non soggetta a condizionamenti può denunciare efficacemente eventuali inganni da parte del governo”. La tempesta che è scoppiata attorno a Wikileaks rafforza oggi l’esigenza di difendere il diritto di tutti i mezzi d’informazione a rivelare la verità.
Fonte “The Australian”, via Internazionale

Difendere la verità di Julian AssangeScriveva nel 1958 un giovane Rupert Murdoch, allora proprietario ed editore del quotidiano australiano The News: “Nella gara tra segretezza e verità, vincerà sempre la verità”. Forse questa osservazione rispecchiava la denuncia fatta durante la prima guerra mondiale dal padre, Keith Murdoch, il quale rivelò che le truppe australiane erano inutilmente sacrificate sulle spiagge di Gallipoli da ufficiali britannici incompetenti. E infatti i britannici cercarono di farlo tacere. Ma Keith Murdoch non si fece imbavagliare e così, grazie ai suoi sforzi, si mise fine a quella disastrosa operazione militare. A quasi un secolo di distanza da quegli eventi, anche Wikileaks pubblica coraggiosamente notizie che meritano di essere divulgate.
Sono cresciuto in una cittadina di campagna del Queensland, in Australia, dove la gente era abituata a parlare con franchezza. Erano persone diffidenti nei confronti di un governo burocratizzato perché erano convinte che sarebbe caduto preda della corruzione se non lo avessero tenuto d’occhio. I giorni bui della corruzione nell’amministrazione del Queensland, prima dell’inchiesta Fitzgerald (tra il 1987 e il 1989), dimostrano cosa succede quando i politici imbavagliano i mezzi d’informazione impedendogli di dire la verità. Quel ricordo mi è rimasto dentro, e Wikileaks è stato creato proprio sulla base di quei valori fondamentali. Il progetto iniziale, concepito in Australia, era di usare in modo nuovo internet per raccontare la verità. Di fatto Wikileaks ha dato vita a un nuovo tipo di giornalismo, il giornalismo basato sul metodo scientifico. Noi lavoriamo con altri mezzi d’informazione per dare le notizie ma anche per dimostrare che sono vere.
Questo tipo di giornalismo consente di leggere una notizia d’attualità e poi andare in rete e vedere il documento originale su cui si basa. Così si può giudi care da soli: questa notizia è vera? Il giornalista l’ha riferita correttamente? Le società democratiche hanno bisogno di mezzi d’informazione forti, e Wikileaks è uno di questi. I mass media contribuiscono a far sì che i governi rimangano onesti. Wikileaks ha rivelato alcune scomode verità sulle guerre in Iraq e in Afghanistan e ha divulgato per primo le notizie sulla corruzione delle grandi multinazionali.
C’è chi ha detto che io sono contro la guerra. Per la cronaca, non è così. A volte i paesi devono andare in guerra, e le guerre giuste esistono. Ma niente è più sbagliato di un governo che mente ai suoi cittadini sulla guerra e poi chiede loro di rischiare la vita e le tasse per quelle menzogne. Se una guerra è giustificata, allora che si dica la verità, e i cittadini decideranno se appoggiarla. Se avete letto parte degli articoli sulle guerre in Iraq o in Afghanistan, qualche dispaccio delle ambasciate americane o qualcuno degli articoli sulle rivelazioni di Wikileaks, potete capire quanto è importante per tutti i mezzi d’informazione poter raccontare liberamente questi fatti. Wikileaks non è stato l’unico a pubblicare i dispacci delle ambasciate statunitensi nel mondo. Alcuni giornali, tra cui il Guardian, il New York Times, El País e Der Spiegel, hanno reso pubblici gli stessi cablogrammi. Eppure è stato Wikileaks il bersaglio degli attacchi e delle accuse più violente da parte del governo statunitense e dei suoi alleati.
Io sono stato accusato di tradimento anche se so no cittadino australiano e non americano. Negli Stati Uniti sono stati lanciati appelli perché venissi “eliminato” dalle forze speciali. Sarah Palin dice che bisognerebbe darmi “la caccia come a Osama bin Laden”, il senato americano ha all’esame un disegno di legge per dichiararmi “una minaccia internazionale” e riservarmi il trattamento previsto. Una stampa libera Ogni volta che Wikileaks pubblica la verità su abusi commessi da istituzioni del governo statunitense, i politici australiani intonano insieme al dipartimento di stato americano una cantilena di evidente falsità: “Così si rischia di mettere a repentaglio delle vite umane! Compromettere la sicurezza nazionale! Esporre le truppe a ulteriori rischi!”. Poi però dicono che nelle notizie pubblicate da Wikileaks non c’è niente di importante.
Non possono essere vere entrambe le cose. Allora, qual è quella giusta? Nessuna delle due. Wikileaks ha al suo attivo quattro anni di rivelazioni. In questi anni, per quanto è dato sapere, a nessuno è stato torto un capello a causa nostra. Invece gli Stati Uniti, con la complicità del governo australiano, hanno ucciso migliaia di persone. Ma le nostre rivelazioni sono tutt’altro che irrilevanti. I dispacci dei diplomatici statunitensi rendono di pubblico dominio alcuni fatti sorprendenti di politica internazionale di cui ormai tutto il mondo discute da settimane. Nella sua storica sentenza sul caso dei Pentagon papers sulla guerra del Vietnam, la Corte su prema degli Stati Uniti affermò che “soltanto una stampa libera e non soggetta a condizionamenti può denunciare efficacemente eventuali inganni da parte del governo”. La tempesta che è scoppiata attorno a Wikileaks rafforza oggi l’esigenza di difendere il diritto di tutti i mezzi d’informazione a rivelare la verità.
Fonte “The Australian”, via Internazionale

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