Il “data giornalismo”… e ci voleva Wikileaks?

Giovanni De Mauro scrive su Internazionale, e come non essere d’accordo: “Dati per spacciati, senza più un’identità, in perdita di copie e di autorevolezza, i giornali devono dire grazie a Julian Assange. Con Wikileaks è nato il data journalism digitale. I giornalisti selezionano, analizzano e controllano enormi quantità di dati. Lavorano in squadra, con esperti e consulenti, per interpretare le informazioni, per individuarne la struttura, per fornire il contesto. E continuano a seguire le notizie anche dopo la pubblicazione: con il follow up raccontano l’evoluzione dei fatti, ne registrano le conseguenze, ne descrivono l’impatto nel corso del tempo. Janine Gibson, editor del Guardian di Londra, sostiene che i 250mila cablogrammi del dipartimento di stato americano hanno segnato l’inizio di una rivoluzione del mondo dell’informazione. È una grande sida, ma anche una grande occasione per ridare un senso al mestiere di giornalista.”

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