“La risonanza delle nostre posizioni è minima, e incide ben poco sull’andamento della società e della cultura italiane […] I media dominanti svolgono quasi tutti una funzione servile, gridano una indipendenza menzognera, sono parte di un meccanismo già scritto e servono un potere nelle sue varie facce, o servono a distrarre con l’abuso della chiacchiera consumistica, sempre aggiornatissima. […] Il gioco non vale la candela, e alla fine ci si stanca della fatica di realizzare un prodotto decoroso e soprattutto utile […] “Lo Straniero” chiuderà con il numero doppio di fine anno e con un ultimo numero speciale la sua storia non breve. Chi intende abbonarsi ora è pregato di rinunciare.”
Con queste parole Goffredo Fofi ha annunciato lo scorso 4 luglio la chiusura de “Lo Straniero” rivista da lui fondata e diretta per venti anni. Una guida fondamentale che ha contribuito a scandagliare tutto ciò che nel nostro Paese c’è di buono, utile e nuovo (ma non solo), per far uscire la nostra società dagli anni bui del conformismo che ci ostiniamo a perpetuare giorno dopo giorno.
Ma appunto, non c’è l’ha fatta, non ce l’abbiamo fatta (negli anni iniziali ho dato il mio piccolo contributo alla rivista e ho imparato molto di quello che so di questo mestiere). Colpisce quindi, rilette le parole dell’incipit di questo breve pezzo, la lettura dell’editoriale di Paolo Di Stefano pubblicato oggi dal Corriere. Di Stefano ha parole affettuose, di gratitudine, per il ruolo avuto dalla rivista in questi anni. Non avrei saputo scriverle meglio.
Ma è il luogo dove le scrive che lascia perplessi, su quel Corriere da inscrivere a pieno titolo – con molti altri – tra quei “media dominanti” citati da Goffredo come primi responsabili del degrado culturale e politico che avvolge il nostro Paese.
Lo Straniero è morto. Viva Lo Straniero!