Sondaggi, perché media e politici non ne azzeccano più una

Scrive Raffaele Simone – tra l’altro – nell’articolo “Sondaggi, media e politici non ne azzeccano più una” pubblicato sul Fatto Quotidiano del 28 novembre.

“Quel che andrebbe riformato è il modo in cui i media dei paesi avanzati intendono la propria missione. In gioco stanno due fatali scollamenti paralleli: quello della politica rispetto ai bisogni dei cittadini e quello dei media rispetto alla vita reale. I due fenomeni sono fianco a fianco: hanno non solo la stessa struttura, ma forse anche la stessa origine.

Il primo scollamento si deve al verso che la politica ha preso da decenni, costituendosi in sfera chiusa e separata, praticando sfrontatamente il familismo e il clientelismo, la perpetuazione delle cariche, il cumulo di mandati, i privilegi, e via discorrendo. Questa linea – che Max Weber aveva descritto lucidamente già agli inizi del secolo scorso – è venuta ormai alla luce anche per l’effetto della controinformazione che internet bene o male esercita su base planetaria. E, dinanzi a questo fatto, gli elettori si sono fatti sentire: la vittoria di Trump come quella della Brexit dicono a gran voce che di questo scollamento il popolo ne ha abbastanza.

Quanto al secondo, è chiaro che, salvo poche occasioni, i media sono sempre meno sui fatti, tra la gente e i suoi problemi reali, se non si tratta di occasioni drammatiche, di catastrofi e fattacci. Lo spazio abnorme che si dedica alla politica e ai politici è già un forte indice di quella distanza.

L’Italia può offrire qui esempi grandiosi: non c’è Paese al mondo in cui i politici, la politica e il connesso chiacchiericcio siano così onnipresenti, infiltranti e ubiqui, nel servizio pubblico come sulle reti private. I media non raccontano più la vita delle persone, preferiscono i traffici dei potenti, delle celebrità e dei ricchi. I risultati si vedono: la copertura di processi cruciali come le elezioni americane, la Brexit e le primarie francesi è stata del tutto falsata da questa distorsione. La realtà parla evidentemente un altro linguaggio, che i media stanno disimparando.

Essendo paralleli e omologhi, i due scollamenti producono più o meno lo stesso risultato: la presa di distanza. Che si mostri come astensionismo elettorale o come abbandono dei grandi media, il problema è lo stesso, e dovrebbero suscitare anche da noi allarme e ricerca di soluzioni.”

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