Italia-Brasile 3-2. La partita che ha formato una generazione

«Sócrates strappa le pagine dello sport dai giornali dei suoi compagni. “In questo paese tutti capiscono di calcio ma nessuno di politica. Se continuiamo a parlare solo di calcio la gente continuerà a trascurare tutto il resto. L’ignoranza è oppressione. E il calcio è un mezzo per mantenerla. Solo con una maggiore informazione possiamo spezzare questo ciclo“».

Questo passaggio sulla Democrazia Corinthiana è solo una delle tante chicche contenute nello splendido libro di Piero Trellini La partita. Il romanzo di Italia-Brasile“. Piero aveva 12 anni nel 1982 – la mia stessa età – quando Paolo Rossi segnò una tripletta allo Stadio Sarriá di Barcellona e accompagnò la nazionale di calcio verso il trionfo al Mundial spagnolo. Battendo 3-2 i verdeoro che disponevano del quadrato magico Zico, Sócrates, Falcão e Cerezo, ma soprattutto annichilendo i pregiudizi negativi sulla squadra allenata da Enzo Bearzot, a partire da quelli della stampa.

Tutti noi nati nel 1970 e dintorni, quel pomeriggio d’estate a cui rinunciammo per un paio d’ore a giocare a pallone in strada, pensammo che la vita sarebbe stata una cavalcata folle e felice verso il futuro. Niente poteva fermarci.

In questo libro non si ragiona solo di calcio. O meglio, il calcio viene messo nel giusto contesto raccontando gli anni della trasformazione dello sport più bello del mondo in un business per le multinazionali (appassionante la ricostruzione del Metodo Adidas) o in uno strumento utile a garantire il consenso ai governi più reazionari del pianeta. A partire dalla dittatura dei militari in Argentina fino, restando a casa nostra, alla sovranità limitata a cui era costretta l’Italia sotto la cappa della P2 di Licio Gelli (altra chicca, leggete qui il documento segnalato da Trellini su come i massoni controllavano il Corriere della Sera, è raro trovarlo citato, anche online).

La partita per la nostra generazione, la gioia incredibile che provammo quel giorno, rappresenta un passaggio fondamentale di educazione sentimentale alla vita. Perché, come dice Piero «Per molti di noi il calcio è nato e morto quel giorno. Nulla di così bello è riuscito, infatti, ad accadere di nuovo».