Antonio Vermigli, il postino costruttore di pace in viaggio da Quarrata al mondo intero

Hai mangiato? Sei a posto? Via allora, iniziamo a ragionare”. Per Antonio Vermigli soddisfare i bisogni primari di una persona era la condizione fondamentale affinché si potesse pensare a tutto il resto.

In uno degli ultimi numeri di “In Dialogo”, il notiziario della Rete Radiè Resch che dirigeva da una vita, poco prima che la malattia ce lo portasse via, proprio di cibo scriveva: “Nel 2022 gli italiani hanno sprecato oltre 4 milioni di tonnellate di alimenti, per un valore complessivo di oltre 9 miliardi euro […] Di fronte a ciò il nostro problema più grande non è economico, non è politico, non è ideologico né religioso. Il nostro problema più grande è la mancanza di sensibilità per i nostri simili. Perché non sentiamo il loro grido di dolore, non vediamo la mano tesa che aspetta del cibo, non vediamo nemmeno i loro occhi supplicanti”.

Iniziò presto ad avere cura degli altri, quando a 18 anni partì per un campo di lavoro in Etiopia. Da allora non si è mai fermato. Inutile sottolineare come i poveri, a partire dai senza dimora, fossero al centro dell’azione di Antonio. Nello stesso numero del notiziario ricordava l’eccidio a cui sono sottoposti durante l’inverno: “Nell’immaginario collettivo i clochard sembrano individui senza volto né identità. In Italia sono morti di freddo 28 senza fissa dimora in tre settimane. Il 2023 è iniziato con una strage di innocenti ai margini della società, di loro tutto ciò che resta è un giaciglio di cartoni e coperte”. Antonio Vermigli era impegnato a costruire quel mondo migliore che in tanti ancora oggi proviamo a immaginare.

Attivo soprattutto nel sommuovere la società civile del nostro paese, era stato il creatore della Marcia per la Pace e per la Giustizia che ogni anno si tiene tra Agliana e Quarrata, e che anche quest’anno avrà luogo in sua memoria sabato 9 settembre. Una camminata tra le due cittadine pistoiesi nata sull’onda di un’inquietudine ancora per niente sopita figlia delle stragi del 1993: in particolar modo da quella di via dei Georgofili a Firenze. “Invocammo la giustizia perché pilastro fondamentale per la pace”, raccontò Antonio, descrivendo la genesi di un’iniziativa sempre molto partecipata. Una marcia che ha visto camminare per le campagne pistoiesi, tra gli altri, Rigoberta Menchù, Alex Zanotelli, Riccardo Petrella, Antonietta Potente, Luigi Ciotti, Erri De Luca, Marcelo Barros, Paola e Claudio Regeni, Moha med Ba, Izzeddin Elzir, Gherardo Colombo, Gianni Minà, Gino Strada, Alessandro Santoro, Mattia Ferrari. E anche, con delle scarpe appena comprate che maledì al termine degli otto chilometri a piedi, Lula, oggi per la terza volta presidente del Brasile e da sempre legato ad Antonio da una forte amicizia, fondata su una riflessione comune sui destini dell’umanità a partire dalla Teologia della Liberazione.

Con le bambine e i bambini, con le donne e gli uomini brasiliani, Antonio aveva infatti un rapporto speciale, lo definiva il suo secondo paese. Non si contano i viaggi verso San Paolo per portare soldi e risorse rastrellati nel suo girovagare in tutta Italia per sostenere la causa degli ultimi. Contribuì alla realizzazione del programma Fame Zero, voluto da Lula, che ha dato da mangiare letteralmente a milioni di persone. Era in particolare molto vicino al Movimento dei Sem Terra (cioè Senza Terra) di João Pedro Stédile, contadine e contadini impegnati in una lotta d i sopravvivenza per ottenere ciò che spetta loro di diritto in un paese dove il 79% della terra coltivabile è posseduta dal 4% della popolazione. “La terra e l’acqua sono i nostri beni comuni per eccellenza” diceva Antonio. “Dobbiamo smetterla di pensare localmente. Oggi il mondo va visto nella sua globalità, perché ovunque sia presente il nostro modello di sviluppo liberista la terra viene violentata e inquinata. E quando noi difendiamo la terra dei latino-americani, degli africani o degli asiatici, difendiamo la nostra vita insieme alla loro”.

Antonio faceva politica così. Sporcandosi letteralmente mani e piedi per stare accanto agli esclusi da una società che programmatica mente ha bisogno di sfruttare all’infinito le risorse naturali e abbattere la dignità della persona in nome del profitto. Era a Genova in quell’estate tragica del 2001 in cui la repressione dello Stato vinse su chi portava analisi e proposte per rimettere al centro di tutto i bisogni e i diritti delle donne e degli uomini che popolano la Terra, oltre che un rinnovato rispetto per l’ecosistema.

Fu tra gli artefici di quella miscela virtuosa di competenze, passioni, attività che fu il Social Forum, da Porto Alegre a Firenze, passando per decine e decine di città in Italia e nel mondo.

Negli anni successivi fu protagonista instancabile del Movimento contro la guerra e promotore del Referendum per l ’acqua pubblica, quando il 95,80 % dell’elettorato (oltre 26 milioni) si espresse per toglierla dalla sfera del profitto. Nel 2002 il regista Riccardo Jacopino realizzò un documentario per Tele+ intitolato “Il postino di Quarrata”, in cui si raccontava la normale quotidianità di Antonio, un portalettere in pensione che viaggiava in tutto il mondo esportando dal Bel paese allegria, capacità di mobilitazione e risorse economiche per chi non ne aveva. La pellicola, selezionata come rappresentante per l’Italia all’Europa Film Festival del 2003, fu trasmessa da Sky e oggi si può recuperare su Youtube. Prendetevi un’ora di tempo e guardatela. È un modo per ricordare Antonio Vermigli e per permettergli di continuare a contaminare la nostra umanità.

di Cristiano Lucchi e Monica Di Sisto, in memoria di Antonio Vermigli, scomparso il 12 luglio 2023. Pubblicato su Fuori Binario #254/Settembre 2023