La diversità e la dignità. A Cercina

Risalgo la valle del Terzolle, dopo qualche curva in mezzo agli uliveti passo la chiesa di Sant’Andrea a Cercina e arrivo mentre si sta consumando uno dei tragici riti della vita contadina: la castrazione del vitello. L’operazione appare indolore, la bestia è legata ad un albero mentre il veterinario opera con un paio di tenaglie. L’azione è crudele ma evita danni maggiori alla vita dell’allevamento.

Tutt’intorno le belle colline del Monte Morello, appena sfiorite dalla primavera ma portatrici di vita in tutta la sua bellezza. Distese di grano e avena quasi pronte per la mietitura, frutteti carichi, orti rigogliosi, pascoli ben curati. E a poche decine di metri il bosco. Non si tratta del vecchio podere di uno degli ultimi contadini fedeli alla tradizione famigliare, e nemmeno di una fattoria meccanizzata dove le galline sono costrette a vedere più di un’alba al giorno perché producano più uova.

Mi trovo presso la cooperativa La Fonte, o meglio “a Cercina”, come quest’isola felice viene chiamata dai sette ragazzi portatori di handicap che vi lavorano. Sono loro i protagonisti, gli animatori e i curatori di tutti gli aspetti necessari a mandare avanti stagione dopo stagione il complicato ingranaggio del lavoro agricolo. Tutto questo grazie all’impegno di tre persone che vi lavorano a tempo pieno e all’aiuto di alcuni volontari.

Tutto nasce dopo l’estate del 1981, quando un piccolo gruppo di amici si ritrova per portare avanti un progetto per l’accoglienza e l’immissione nel mondo del lavoro dei ragazzi handicappati. Un’iniziativa che vuole dar loro ascolto, attenzione e dignità, visto che il mondo tende ad ignorarli, a dimenticarli, a nasconderli. E tutto ció grazie al lavoro, dai più visto come una condanna, ma che qui, a soli 5 chilometri dalla caotica e spesso bottegaia Firenze, viene vissuto come un modo per realizzarsi e per dare dignità alla persona.

I ragazzi arrivano la mattina con il pulmino della cooperativa e subito si occupano di dare il cibo agli animali e di pulire le stalle: ci sono mucche, galline, anatre, conigli, piccioni e i cavalli per l’ippoterapia. Su tutti vigila Orso, un enorme pastore abruzzese. Subito dopo si dedicano ai lavori più pesanti che vanno dal cogliere le olive a curare l’orto, da zappare nei campi a tirar su steccati per i cavalli e le mucche.

Dopo la sosta per mangiare, e un po’ di tempo dedicato al riposo e al relax, ci sono da fare i piccoli lavoretti di manutenzione, come ad esempio aggiustare una conigliera o pulire la vasca delle anatre. In questo periodo dell’anno le attività principali sono il taglio del fieno e la trebbiatura del grano, inoltre vengono puliti i pascoli per evitare che il bosco se ne riappropri.

Spesso ci sono da risolvere molti problemi, di ogni natura, ma nonostante questo tutti riescono a contribuire in modo costruttivo al buon andamento del lavoro. Tutto quello che viene prodotto dal lavoro comune di ragazzi e soci della cooperativa, e dell’associazione di volontariato che si è costituita nel frattempo, viene venduto al dettaglio, ed è questa è la maggiore entrata. Altra fonte di finanziamento, che quest’anno purtroppo ha subito un ridimensionamento, deriva da una convenzione con il Comune di Firenze; a tutto questo si somma il lavoro dei volontari che contribuiscono in modo fondamentale ad una gestione del bilancio sana che possa permettere investimenti per migliorare il lavoro coi ragazzi.

Sono felici Filippo, Franco, Lorenzo, Lorenzone, Luca, Manola e Maurizio, sono felici perché realizzati, perché finalmente utili in un mondo che purtroppo non li sa accogliere. Leggo la lettera aperta di una madre scritta in occasione dei primi 10 anni della cooperativa “Cercina sta dimostrando che l’insufficienza mentale non è una condizione ineluttabile e stabile nel tempo, considera ognuno dei suoi ragazzi come interlocutore valido per affrontare insieme esperienze, conquiste, fallimenti… Mi è stato detto che mio figlio porta gioia e affetto, ed è il complimento più bello che mi poteva essere fatto di lui. Sapere che nel suo piccolo è portatore di un messaggio d’amore e di vita. Cercina ha dato un senso alla sua vita. Vive quest’esperienza come una cosa esclusivamente sua, come gli altri esseri umani… Qui ognuno è accettato con la sua diversità, coi suoi tempi“.

Sono parole vere, non di circostanza, che ci aiutano a capire l’importanza della solidarietà nei confronti di chi è meno fortunato. Oltre ad Andrea e Vanna e ai loro quattro figli, che vivono questa esperienza abitando nella fattoria, anche Stefano, Cristina e Alessandro e altri lavorano per perseguire l’obiettivo di arrivare ad un mondo di pace, dove l’uomo ha il coraggio di non aver paura degli altri uomini e affronta le differenze trasformandole in risorse. Sembrano paroloni, ma sono nella vita concreta di tutti i giorni gesti semplici, da una parola di conforto ad un sorriso in un momento di difficoltà; da un abbraccio ad una lunga zappata in compagnia in un campo assolato. Gesti che rendono dignità alla persona e che abbattono le differenze.

E’ ormai tardi, ho passato mezza mattinata insieme a loro e adesso mi invitano a pranzo come se fossi ormai uno di famiglia. I ragazzi prima di salutarmi mi portano in magazzino e mi regalano delle uova fresche, ringrazio e me ne vado attraverso un viale di lavanda profumata. Dopo qualche curva vedo già sullo sfondo Firenze con sua foschia. E’ purtroppo la realtà. Ciao ragazzi.

P.S. Le uova erano ottime. Chi volesse acquistare dei prodotti genuini e allo stesso tempo sostenere questa esperienza unica faccia un salto su a Cercina, il telefono è 055/402118. Buon appetito!

Cristiano Lucchi


Pubblicato sul Numero 6 de l’Altracittà giornale della periferia, estate 1996