Mago Merlino e la magia dell’integrazione

Il laboratorio Bricolandia di via Liguria, già sede di numerose attività come il laboratorio di legatoria, o il doposcuola Girotondo, ha ospitato dall’inizio di aprile anche una scuola popolare per l’alfabetizzazione strumentale di bambini extracomunitari non scolarizzati. Il progetto è nato dall’esigenza di sana re almeno in parte un’anomalia, evidente all’interno del quartiere: la presenza di un elevato numero di bambini Rom (ma sarebbero potuti essere cinesi o albanesi) in età scolare non inseriti negli istituti pubblici di zona. I motivi di questa eccezione sono svariati, dallo stato di clandestinità dei genitori all’insediamento recente (fuori dai termini per l’iscrizione) e altri. La scuola, chiamata dai bambini stessi Mago Merlino, si propone di fornire una alfabetizzazione minima (il classico ‘leggere scrivere e far di conto’), che consenta loro di inserirsi meglio nella scuola ufficiale, facilitando il loro approccio all’apprendimento futuro.

L’attività didattica, condotta da Tiziana e Maurizio con l’aiuto di alcuni volontari, consiste nell’apprendimento dei suoni e segni grafici della nostra lingua, dei numeri e delle quattro operazioni di base, attraverso materiale specifico individuato con la collaborazione di maestri e operatori esperti del caso; la giornata tipo prevede però anche momenti di gioco e di acquisizione di nozioni utili nel quotidiano. L’iniziativa lo scopo di favorire la convivenza pacifica fra due popoli che provengono da culture per molti versi opposte, attraverso un’integrazione che salvi la dignità di entrambe e il reciproco rispetto. La cultura romanè diventa nella Mago Merlino la base di partenza per un’esperienza interculturale che, oltre alla didattica e al rispetto delle regole, favorisca la rispettiva conoscenza e comprensione. Gli alunni Rico, Filippo, Marianna, Senad, Mirsadina, Gennaro e Fadil affrontano la difficoltà di un nuovo modo di stare insieme e di organizzare il tempo con atteggiamento sostanzialmente positivo, anche se non mancano momenti di incomprensione fra di loro e con gli operatori.

Il bilancio finale di questo progetto pilota, nella speranza che si trovino energie e mezzi per riprenderlo a settembre è buono e la sua conclusione prevede l’inserimento degli alunni nella scuola ufficiale (alla quale la Mago Merlino non ha nessuna intenzione di sostituirsi), nonché la partecipazione degli stessi alle attività estive di Giocolandia, al fine di favorire l’integrazione fra tutti i bambini delle Piagge – già occasionalmente sperimentata dalla Scuola -, unica soluzione possibile in un quartiere come il nostro in cui la società multietnica e multiculturale è già una realtà effettiva.

Intervista a Tiziana, una delle educatrici di Mago Merlino

È stato solo un esperimento della durata di 3 mesi, ma dopo l’estate riprenderà con maggiore slancio. Sei bambini Rom bosniaci fra i 6 e i 10 anni hanno frequentato la Scuola di base “Mago Merlino” organizzata dall’associazione di volontariato II Muretto. Lo scenario dove si è sviluppata questa nuova esperienza di integrazione è ben lontano dalla Firenze patinata a disposizione dei turisti di tutto il mondo. Ci troviamo all’estrema periferia cittadina, alle Piagge, un quartiere di 10.000 abitanti fra i più degradati, frutto dell’emergenza casa e della relativa speculazione edilizia degli anni Ottanta. Accanto alle abitazioni esiste una realtà sommersa, sconosciuta ai più. Intere comunità straniere Rom, ma anche albanesi e rumene che vivono sotto i ponti, in fossati ricoperti di lamiere e così trasformati in case, in baracche fatiscenti sulla riva dell’Arno. Fra loro anche molti bambini che durante tutta la giornata sono costretti a lavorare o rimangono a giocare fra le baracche.

Tiziana, che insieme a Maurizio ha coordinato il lavoro didattico ed educativo della scuola, ci ha raccontato, a pochi giorni dalla chiusura, qual è stato il loro impegno, in uno Stato dove il diritto allo studio è assicurato a tutti i minori in età scolare, anche clandestini o senza documenti, ma che in pratica consente a centinaia di minori di evadere l’obbligo scolastico.

Perché è nata la scuola Mago Merlino?
E stata una scommessa, crediamo in un’integrazione fra le nostre diverse culture. Siamo riusciti a contattare le famiglie di diversi bambıni, ma alla fine solo sei ci sono stati affidati tutti i giorni, dalle 9,00 alle 13.00. In genere non vanno a scuola per inadempienze della famiglia o perché appena arrivati in Italia e fuori tempo per le iscrizioni.

Come avete organizzato la vostra giornata?
Prendiamo i bambini con il pulmino al campo dove abitano. Una volta arrivati nello scantinato di uno dei palazzi del quartiere, che l’associazione ha trasformato in laboratorio didattico, iniziamo la lezione. Ci mettiamo intorno ad un tavolo tutti insieme e parliamo. Quando l’attenzione è alta inizia la lezione vera e propria. Insegniamo loro a far di conto, a leggere e a scrivere, confrontiamo i nostri termini con i loro, facciamo cartelloni con disegni e parole. Tutto improntato nel rispetto più assoluto nei confronti delle persone e delle cose.

Ritenete efficace il vostro intervento con i bambini?
I primi giorni non avevano fiducia, erano sul chi vive, talvolta aggressivi, talvolta timorosi. In breve tempo siamo riusciti, sia loro che noi, a conoscerci a fondo. Il rapporto si va sempre più consolidando e adesso, mentre imparano l’italiano, insegnano a noi la loro lingua. Fondamentale è stato l’inserimento nel gruppo di lavoro di un mediatore culturale. Senza di lui, che fra l’altro è anche parente di alcuni bambini, la fatica si sarebbe moltiplicata.

Qual è l’impatto con gli abitanti del quartiere?
Lo verifichiamo tutti i giorni durante la ricreazione, quando usciamo e andiamo a giocare nei vicini giardini pubblici. All’inizio c’era un po’ di diffidenza, in seguito ci siamo accorti che la maggior parte delle persone vedeva di buon occhio la nostra presenza.

Sicuramente ci saranno state e continueranno ad esserci delle difficoltà…
Senza dubbio. Questo progetto non è finanziato da nessuno, è basato solo sull’opera di alcuni volontari, all’inizio non avevamo materiale di nessun tipo. Poi è arrivata la solidarietà delle persone del quartiere, che, oltre a rendersi disponibili qualche ora, offrivano quaderni, penne, colori e tutto il materiale necessario per andare avanti. Il primo a periodo non è stato dei più semplici.

Con la fine della scuola termina anche la vostra esperienza. La riproporrete in futuro?
Chiudiamo dopo il termine ufficiale della scuola, anche perché appena finiamo le lezioni vorremmo inserire questi bambini nelle attività organizzate dall’associazione il Muretto per l’estate e che coinvolgeranno più di cento bambini delle Piagge. Per il prossimo settembre cercheremo di inserire questo primo gruppo di bambini, che hanno già acquisito delle solide basi, nelle scuole del quartiere. Poi cercheremo di ufficializzare questo progetto per dargli continuità e poter così coinvolgere altri bambini, per questo avremmo bisogno anche di un finanziamento.

Questo è quello che succede a Firenze, città dai forti contrasti: mentre nella Coverciano bene si raccolgono le firme e si sfila per le strade per impedire la realizzazione di alloggi per i Rom, alle Piagge, il quartiere povero della città, le persone escono di casa e cercano di convivere pacificamente. A Marianna, Mirsadina, Rico, Gennaro, Fadil, Filippo, Senad vanno i nostri migliori auguri di una felice e tranquilla permanenza nel nostro paese.

Cristiano Lucchi


Pubblicato sul Numero 7/8, Anno II, de l’Altracittà giornale della periferia, estate 1997