Abbiamo scritto più volte della mancanza di case dovuta all’ingordigia di chi specula sull’affitto erodendo il diritto all’abitare di migliaia di persone sotto sfratto, giovani costretti a vivere coi genitori, studenti fuori sede. Una caccia al profitto che costringe molti, infine, a vivere in strada. Tra le cause c’è anche il “lavoro povero”: si ha un impiego ma si viene pagati poco e male.
Un fenomeno dilagante, oggi messo nero su bianco da un’analisi sul lavoro nella ristorazione nel centro storico, condotta da Cosimo Barbagli attraverso 295 interviste, per il Laboratorio di Geografia sociale dell’Università di Firenze. Il quadro è devastante: imprenditori senza scrupoli di ristoranti, pizzerie, bar, in una palude di precarietà, sfruttamento, falsi contratti, turni frantumati nell’arco della giornata, abolizione del diritto ad ammalarsi e a godere delle ferie. Il nero è onnipresente, soprattutto con la formula “ti assumo per 10 ore a settimana ma ne devi lavorare 40, pagate fuori busta”, un modo per evitare i contributi e sfuggire allo stesso tempo ai controlli.
E se sei donna vieni pagata dal 15% al 30% in meno. Fenomeni odiosi e incontrastati nella maggioranza dei casi. Nella città capace di dibattere mesi sulla legalità o meno di una seduta sul sagrato di una chiesa, la categoria sotto esame, quella degli imprenditori del Mangificio Firenze, appare intoccabile. Certo non tutti sono uguali, ma la cronaca recente è costellata di altri fatti inquietanti: mafie, riciclaggio, doppie contabilità, evasione, non rispetto delle norme igienico sanitarie. Ne riparleremo.
da Resistenze, rubrica di Fuori Binario del 1 Maggio 2025
