Nell’intervista di Valentina Baronti a Cosimo Barbagli sul “mangificio” a cui è ridotta gran parte della nostra città (in Fuori Binario, giugno 2025) trovate lo spaccato di una realtà sotto gli occhi di tutti ma della quale pare non importare davvero a nessuno. Il profitto di pochi – che non esitiamo a definire avvoltoi – a scapito dei diritti dei più è un fenomeno al quale si fa fatica a ribellarsi, mentre istituzioni e partiti si sono autoseppelliti in liturgie bugiarde e mancanza di atti concreti. Il principio di “legalità”, agitato come un manganello verso i non conformi a una città ridotta al ruolo di spremi-turisti, serve soltanto a mettere fuori dal salotto buono i poveri (e povero oggi non è solo il senza dimora, ma chiunque, anche lavorando, non arriva dignitosamente alla fine del mese).
Nel mangificio fiorentino, scrive Barbagli, vincono lo sfruttamento, il lavoro nero, la precarietà e l’insicurezza. Ma dallo studio emerge anche l’apartheid subìto all’interno dei locali dalle persone che hanno un colore della pelle diverso da quello che ci si aspetterebbe dai camerieri di tipiche trattorie toscane. Se non sei caucasico e di bella presenza sparisci in cucina o a fare le pulizie. Al centro di tutte le politiche dominanti oggi ci sono più i diritti delle imprese che quelli dei lavoratori e, per quello che li riguarda, vince il pregiudizio che i “bianchi” siano migliori dei “neri”.
Questa è Firenze nel 2025: sfruttatrice e razzista. Vogliamo invece imprese più responsabili, regole eque e certe su contratti e licenziamenti, diritto di cittadinanza garantito agli immigrati che vivono nel nostro Paese.
Il voto di giugno ai referendum è un passo importante. Bastano 5 Sì.
da Resistenze, rubrica di Fuori Binario del 1 Giugno 2025
